Gli Amici della Terra sul Decreto legislativo di attuazione della Direttiva RED III per i sussidi alle fonti rinnovabili: “Ipocriti i partiti di maggioranza e di opposizione che lamentano l’alto prezzo dell’elettricità mentre stabilizzano per legge gli incentivi anche per la quota (crescente) di energia rinnovabile che viene buttata via per garantire la stabilità della rete”
Nel decreto legislativo recante attuazione della direttiva UE 2023/2413 (RED III) per i sussidi alle rinnovabili, approvato nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri, c’è la stabilizzazione del curtailment (art. 6) .
Il decreto, cioè, prevede che l’energia generata da impianti non programmabili possa ricevere l’incentivo anche se non immessa in rete a causa di curtailment (riduzione volontaria o imposta della elettricità generata, quando essa supera la domanda o la capacità di assorbimento della rete elettrica), modificando la precedente previsione che l’incentivo fosse normalmente calcolato sull’energia immessa in rete o autoconsumata. Il testo approvato dal CdM non è ancora disponibile ma il MASE ha giudicato “irricevibili” i timidi tentativi di sopprimere la norma. Il nuovo sussidio, fortemente voluto dai produttori di energia rinnovabile, è dovuto al fatto che il gestore della rete, Terna, ha recentemente comunicato che il curtailment è in forte crescita e deve imputarsi alla mancata programmazione nella realizzazione degli impianti, ovvero che gli impianti vengono realizzati dove possono produrre di più perché c’è più sole o più vento e non dove c’è maggiore richiesta di energia.
Ora, anziché consentire che il fenomeno di eccesso di produzione sincrona produca i segnali di mercato utili a una migliore programmazione e localizzazione degli impianti, il decreto provvede a esimere i produttori da qualsiasi rischio d’impresa, remunerando e incentivando anche l’energia che viene buttata via perché prodotta in eccesso. In questo modo viene premiata la speculazione e la tariffa pagata in bolletta perde completamente di senso, visto che va a remunerare anche un prodotto e un servizio che non vengono forniti. Anche se da tempo, grazie alle delibere Arera, viene remunerata la mancata immissione in rete dell’energia eolica (e, più recentemente, anche dell’energia fotovoltaica), definire con legge questa modalità controversa appare davvero grave e lesivo del principio di libero mercato. Ovviamente, Terna e i rinnovabilisti lamentano ritardi nell’adeguamento delle reti e degli accumuli. In realtà, sia i costi di reti e accumuli, sia la remunerazione del curtailment, vengono integralmente scaricati sui consumatori finali, quando, i primi dovrebbero essere a carico delle tecnologie che li richiedono e quest’ultima, dovrebbe essere considerata rischio d’impresa, viste le caratteristiche intrinseche delle tecnologie installate.
Nel decreto, appare insufficiente la nuova previsione che l’incentivo possa essere diversificato “in funzione della localizzazione efficiente, dei fabbisogni di sistema e dello sviluppo efficiente delle reti”, in quanto varrà solo per gli impianti futuri; Mentre niente più potrà ostacolare i numerosi progetti di impianti eolici e fotovoltaici approvati o in via di approvazione nelle aree già gravate da un eccesso di produzione di elettricità non programmabile, intermittente e sincrona.
Appaiono davvero ipocrite le reiterate lamentele e proteste dei partiti di maggioranza e di opposizione per gli alti costi delle bollette elettriche, se, anche in questa occasione, si decide di gravarle con ulteriori oneri ingiustificati. Piuttosto, dovrebbero essere sottoposte a rigorosa revisione, tutte le disposizioni delle Autorità di regolazione che comportano il trasferimento sulle componenti tariffarie a carico dei consumatori finali del costo dell’energia non immessa in rete per motivi connessi alla sicurezza e alla stabilità della rete stessa.
Si può vedere l’iter parlamentare del decreto qui: https://www.camera.it/leg19/682?atto=324&tipoAtto=atto&idLegislatura=19&tab=
